Regioni ed enti locali

Le autonomie locali delle regioni e degli enti con la Riforma costituzionale sono a rischio. Bisogna tutelare le autonomie locali, e votare NO.


  • All’articolo 116, sulla attribuzione di condizioni particolari di autonomia alle regioni ordinarie, sono riviste le materie oggetto di attribuzione ed è richiesto che le Regioni siano in una «condizione di equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio».
  • Sul riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni, dall’articolo 117 scompaiono le materie a legislazione concorrente tra Stato e regioni (quelle per le quali spetta allo Stato determinare i principi fondamentali e alle Regioni fissare la normativa di dettaglio). Vengono quindi aggiunte molteplici materie alla lista di quelle la cui legislazione esclusiva spetta allo Stato; tra di esse, ordinamento delle professioni e della comunicazione; protezione civile; produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia; infrastrutture strategiche e grandi reti di trasporto e di navigazione; porti e aeroporti civili, di interesse nazionale e internazionale; mercati assicurativi; disposizioni generali e comuni su attività culturali e turismo; previdenza sociale; tutela, sicurezza e politiche attive del lavoro. Di fatto, senza saper nè leggere ne scrivere, tutte le materie a legislazione concorrente ed alcune che erano di competenza esclusiva regionale sono state riportate in capo allo Stato. Sono state individuate alcune materie, poche e di limitata portata, di competenza legislativa regionale.
  • Sempre all’articolo 117 è introdotta la cosiddetta “clausola di supremazia” : anche per le materie non di competenza statale, su proposta del Governo, può intervenire la legge statale «quando lo richieda la tutela dell’unità giuridica o economica della Repubblica, ovvero la tutela dell’interesse nazionale».
  • All’articolo 118, sulle funzioni amministrative, ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza delle funzioni amministrative sono aggiunti principi di «semplificazione e trasparenza dell’azione amministrativa, secondo criteri di efficienza e di responsabilità degli amministratori».
  • All’articolo 119 viene attribuita alla sola competenza statale, e quindi alla Camera dei Deputati, il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.

Perché non va

Perché di fatto le Regioni vengono private della funzione legislativa e tutto viene ricentralizzato. Viene affossato il ruolo delle autonomie territoriali. Infatti, la riforma produce un incremento abnorme delle competenze legislative statali, non solo per correggere le incongruenze, da tutti riconosciute, del Titolo V vigente (es. grandi reti di trasporto e di navigazione). L’aumento per ulteriori materie è frutto della scelta precisa di ridurre lo spazio delle autonomie territoriali. Si passa infatti da 31 a 48 materie statali.

Inoltre lo Stato può, con la clausola di supremazia, intervenire anche sulle pochissime competenze residuali delle Regioni.

  • Il coordinamento della finanza pubblica e del si- stema tributario diventa materia tutta statale. Verrà così meno ogni intermediazione regionale con gli enti locali, se non nella misura concessa dal legislatore statale (con l’attuale materia concorrente “coordinamento della finanza pubblica”, le Regioni hanno una competenza legislativa concorrente).
  • Non è prevista una disciplina transitoria relativa alla soppressione delle province e al trasferimento di personale e funzioni. Chi farà cosa? Per le nuove “aree vaste” si dovrà attendere la legge statale e poi le diverse leggi regionali.
  • L’incertezza aumenta perché niente viene detto circa le attuali Conferenze tra lo Stato, le regioni e gli enti locali: possono operare ancora o sono assorbite dal nuovo Senato, rappresentativo delle autonomie territoriali?
  • Bene il richiamo a efficienza e responsabilità nell’art. 118 Cost., ma come promuovere la responsabilizzazione degli amministratori regionali e locali se tutto viene attratto in capo allo Stato?
  • Bene che all’articolo 119, sui rapporti finanziari Stato-enti territoriali, siano introdotti i costi e i fabbisogni standard per promuovere condizioni di efficienza nell’esercizio delle funzioni. Male che la costituzionalizzazione dei fabbisogni standard sembri riferita a ogni ambito di materie, senza la distinzione ora prevista tra spese LEP/funzioni fondamentali e altre spese. Sarà imponente lo sforzo applicativo e si aprirà una fase transitoria molto lunga.
  • All’articolo 120, sul potere sostitutivo del Governo nei confronti degli enti locali, è introdotta la espressione di un parere da parte del Senato (e non più della Commissione bicamerale per le questioni regionali, che viene soppressa) e affidato alla legge compito di stabilire «i casi di esclusione dei titolari di organi di governo regionali e locali dall’esercizio delle rispettive funzioni quando è stato accertato lo stato di grave dissesto finanziario dell’ente».
  • Non è prevista alcuna disciplina costituzionale sul finanziamento delle aree vaste, non coperte dall’art. 119. Quali risorse e reperite come?

Inoltre, si sostiene che, con la soppressione delle materie di competenza legislativa concorrente, fonte di incertezza e conflitto tra Stato e Regioni, viene semplificato il quadro istituzionale.

Niente di più errato: la soppressione delle materie concorrenti è solo formale e non risolve i problemi.

Infatti, rimangono materie simili alle concorrenti, per le quali è inevitabile una sovrapposizione tra Stato e Regioni e anzi rimane un’ampia discrezionalità e incertezza. Ora si chiamano “Disposizioni generali e comuni” (ma chi decide cosa è generale e comune e cosa è particolare e non comune? ) o “Disposizioni di principio” oppure ancora viene introdotta una distinzione fondata sul livello degli interessi (nazionali/regionali) o su una competenza parziale (es. la programmazione “strategica” della ricerca scientifica, che spetta allo Stato).

Sono introdotte anche alcune materie esplicitamente attribuite alla competenza regionale. Tuttavia si tratta di materie ampiamente coperte da ambiti statali (es. organizzazione dei servizi sanitari, nuova materia regionale, e disposizioni generali e comuni per la tutela della salute, che diventa integralmente statale aggiungendosi alla competenza statale per i livelli essenziali delle prestazioni).

Insomma, la competenza legislativa regionale è trasformata in una competenza di mera attuazione.

La clausola di supremazia rende ancor più incerto il riparto di materie (lo Stato decide in certe circostanze di intervenire nelle materie regionali definite in Costituzione) e non è accompagnata da un procedimento necessariamente bicamerale di approvazione che garantisca le Regioni. Inoltre, perché riservare al solo Governo l’iniziativa su una questione, come questa, sostanzialmente costituzionale?

Ancor maggiore confusione riguarda alcune materie regionali che non hanno un corrispondente statale (es.“organizzazione in ambito regionale di servizi alle imprese” o “promozione dello sviluppo economico locale”non hanno un corrispondente quale“organizzazione in ambito nazionale” o “sviluppo economico nazionale”). Come funziona il sistema se è vero che tutte le materie non riservate espressamente allo Stato spettano alle Regioni?

La conseguenza di tutto ciò è il rischio di ulteriori conflitti.

Per di più, non ha senso che il regionalismo differenziato (le maggiori condizioni di autonomia per singole Regioni ordinarie) sia consentito anche per materie che, in base alla riforma, debbono essere “generali e comuni”.